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Solženitzyn, Aleksandr Isaevič.

Scrittore, drammaturgo e storico sovietico. Membro, per parte materna, della piccola nobiltà russa, si laureò in Matematica e Fisica a Rostov, ma frequentò con passione anche i corsi di Filosofia, Storia e Letteratura russa presso l'università moscovita. Nel 1940 fu chiamato alle armi e meritò come comandante di batteria due medaglie al valor militare: ciò nonostante, la polizia politica, che aveva aperto la sua corrispondenza leggendovi giudizi negativi sulla persona di Stalin, lo arrestò nel 1945 e S. venne condannato a otto anni di detenzione in un campo di lavoro. Questa esperienza risultò centrale non solo nella vita ma anche nella produzione artistica dello scrittore. Al termine della pena fu inviato al confino e solo la politica di distensione intrapresa da N. Krusciov gli consentì il rientro a Mosca nel 1957. Negli anni del poststalinismo, S. riuscì a pubblicare i suoi scritti sulla rivista letteraria “Novyj Mir”, su cui, nel 1962, apparve il romanzo breve Una giornata di Ivan Denisovic, che lo impose all'attenzione di pubblico e critica internazionale. La storia, ambientata nel gulag, narrava in tono asciutto e distaccato la giornata di un detenuto e proponeva in sintesi i temi che avrebbero caratterizzato in seguito la produzione di S.: l'universo concentrazionario, la dignità dell'uomo e del lavoratore che si conserva a dispetto di una condizione di servitù e di umiliazione fisica e spirituale, le peculiarità della tradizione e dell'indole russa. Nel 1963 pubblicò altri racconti (tra cui La casa di Matrjona) che inaugurarono il filone folclorico e neocristiano della sua letteratura, detta anche “prosa di villaggio”. Nel volgere di pochi anni, tuttavia, lo scrittore vide chiudersi progressivamente tutti gli spazi di pubblicazione in patria: attaccato dalla rivista “Kommunist”, S. non riuscì a trovare un editore per i suoi romanzi Il primo cerchio e Divisione cancro, che circolarono solo all'estero. La polizia arrivò anche a sequestrare dei dattiloscritti e nel 1967 S. inviò un messaggio all'Unione degli scrittori sovietici, denunciando le pressioni cui era sottoposto: l'associazione non solo rifiutò di intervenire in sua difesa ma, nel 1969, dopo polemiche di natura sia letteraria sia ideologica ne decise l'espulsione. La campagna denigratoria e le vessazioni di cui fu oggetto sono narrate nella cronaca La quercia e il vitello (1975). Le opere di S. avevano ormai raggiunto fama mondiale, tanto che allo scrittore fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1970. La pubblicazione all'estero di Agosto 1914 (1972), che costituiva il momento iniziale di un vasto affresco di storia russa contemporanea, e del primo volume di Arcipelago Gulag (1973), appassionata denuncia delle repressioni di massa e delle strategie totalitarie del regime, determinò l'arresto e l'espulsione di S. dall'Unione Sovietica (1974). S. si recò in Germania, in Svizzera e infine nel Vermont. Dall'esilio statunitense S. continuò a levare la sua voce con opere fondamentali sul piano politico e artistico: furono completati sia i due ultimi volumi di Arcipelago Gulag (1975), sia i nuovi episodi, dopo Agosto 1914, del ciclo La ruota rossa: Ottobre 1916; Marzo 1917 e Aprile 1917, opera monumentale dedicata alla nascita del regime sovietico; seguirono poi Come ricostruire la nostra Russia (1990) e La “questione russa” alla fine del secolo XX (1995). La storia e il destino della Russia sono stati i temi centrali della sua ricerca artistica durante i 20 anni di esilio, mai disgiunta da una tempestiva attenzione per gli eventi che si verificavano in patria. Voce portante del dissenso sovietico, S. seguì la riforma di Gorbaciov con spirito critico, accettando di rientrare in patria solo nel 1994. La direzione intrapresa dalla nuova nazione russa, tuttavia, deluse S. che sperava in un diffuso recupero dell'identità tradizionale e religiosa russa e nell'adozione di una terza via economica e politica, che ripudiasse il collettivismo comunista ma non cadesse nella trappola del capitalismo senza regole. La grandezza dell'arte di S., che narra trame di grande densità con un linguaggio nervoso e fitto di neologismi e di espressioni gergali, risiede nell'ampio respiro dei suoi quadri storici, nel tratteggio psicologico che anima gli interpreti dei racconti, emblematici ma non tipizzati e perciò tanto più vivi e drammatici. Nel 2003 S. pubblicò il primo volume Duecento anni insieme 1795-1995, ricerca storica sulla vicenda del popolo ebraico all’interno dello stato russo negli ultimi due secoli, a cui seguì nel 2007 il secondo volume (Klislovodsk 1918 - Mosca 2008).